Il multitasking è una cazzata.

Lo dico subito, senza mezzi termini, così la mia platea di lettori si dividerà immediatamente come le acque del mar Rosso davanti a Mosè.

Da una parte l’esercito dei

Sei solo invidioso perché tu non sei in grado di fare due cose insieme.

Dall’altra, le schiere dei

Ah, finalmente qualcuno che ha il coraggio di dirlo.

Non solo lo dico: lo dimostro. Con metodo scientifico, calcolatrice e cronometro alla mano.

Che cos’è questo benedetto, anzi maledetto, multitasking?

È la capacità di fare due cose contemporaneamente.

Molto bene. E quanto ci si mette, a fare due cose contemporaneamente?

Questa è la domanda chiave. La domanda che rappresenta il nodo della questione. La domanda che, guarda caso, nessuno si fa.

La risposta potrebbe essere la seguente:

Se tu fossi perfettamente multitasking, potresti fare due o più cose mettendoci lo stesso tempo totale che impiegheresti a fare tali due o più cose in tempi diversi e consecutivi, senza perdere tempo nel processo.

Cominciamo con il far notare un paio di cose.

Primo.

La citazione qui sopra inizia con una proposizione condizionale, a sua volta introdotta da un se grande come una casa: “se sei perfettamente multitasking”.

Secondo.

Nella migliore delle ipotesi (ipotesi forse impossibile, senz’altro molto rara), quella del multitasking perfetto, non si perde tempo totale. Questo significa che in tutti gli altri casi (che sono la stragrande maggioranza, se non la totalità), con il multitasking si perde tempo totale.

Lo schema è il seguente:

Tempo necessario per fare prima A e poi B = X;

Tempo necessario per fare contemporaneamente A e B = X (+ Y),

dove Y è il tempo che si accumula con il multitasking imperfetto.

La prova definitiva contro il multitasking

Basterebbe questo a dimostrare che il multitasking non funziona; ma voglio aggiungere una terza, e forse ancora più decisiva, prova.

Organizzazione significa, tra le altre cose, capacità di scegliere le priorità e di lavorare secondo l’ordine che ne deriva.

Abbiamo detto che il multitasking perfetto mi permetterebbe di portare avanti due o più lavori contemporaneamente senza perdita di tempo totale rispetto al tempo totale necessario per svolgere gli stessi due o più lavori separatamente e consecutivamente.

Esprimiamo lo stesso concetto in altri termini: termini matematici.

Facendo prima il lavoro A e poi il lavoro B, al tempo T con zero inizierò il mio lavoro, al tempo T con uno avrò finito il lavoro A (che, contestualmente, potrò consegnare) e al tempo T con due avrò finito il lavoro B (dunque consegnerò solo B alla fine del tempo totale necessario).

Facendo contemporaneamente il lavoro A e il lavoro B, al tempo T con zero inizierò entrambi i lavori, al tempo T con uno non avrò ancora finito nulla e al tempo T con due avrò finito sia il lavoro A sia il lavoro B (e consegnerò entrambi i lavori alla fine del tempo totale necessario).

Dunque possiamo affermare quanto segue:

Il multitasking perfetto fa sì che il tempo di consegna necessario per ciascun lavoro di una serie di almeno due lavori corrisponda al tempo necessario per la consegna dell’ultimo lavoro a essere preso in carico se i lavori della stessa serie fossero svolti in maniera separata e consecutiva.

Cioè:

Il multitasking perfetto è un modo perfetto per perdere un sacco di tempo.

Figuriamoci quello imperfetto.

Esiste, però, un multitasking buono

Non vi aspettavate questo sottotitolo a questo punto, vero? E invece ecco la sorpresa.

Certo che esiste, un multitasking buono. Basta essere chiari sul significato di questa parola: il multitasking buono (qualità necessaria per qualunque professionista) è la capacità di svolgere un lavoro senza isolarsi dal mondo circostante. Perché, mentre lavorate, le cose non smettono di accadere: il tempo continua a passare, i clienti continuano a chiamare e le priorità continuano a cambiare.

Il multitasking buono è, dunque, quello che vi permette di continuare a rendervi conto di tutto questo mentre svolgete, separatamente e consecutivamente, prima il lavoro A, poi il lavoro B, poi il lavoro C, …

Andrea Donna

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