Il mondo umano nel suo complesso si divide in due: quelli che le cose le dicono, quelli che le cose le fanno capire. Nel mondo della comunicazione il partito dei secondi è – da che ho esperienza diretta del settore, quindi da quindici anni – stabilmente in maggioranza.
E il programma politico del partito è, per una volta, scrupolosamente applicato. Ne avrete fatto esperienza anche voi: è tutto uno scintillare di «Ti faccio sapere», «Scusa, non ho visto il tuo messaggio» e «No, non ho ricevuto l’invito via email» per dire invece, rispettivamente, «Mi spiace, no», «Non lavoro la domenica sera» e «Non so ancora se ci sarò».
Perché succede questo?
Risposta politically correct: perché le risposte indirette sono più delicate e cortesi (falso).
Risposta sincera: perché alludere richiede, per molti, meno coraggio che affermare (vero).
Il problema è che un sistema di comunicazione basato sull’allusione è inefficiente, farraginoso e anti-economico.
Due esempi recenti.
Situazione 1
Mi trovo, insieme a due colleghi giornalisti con i quali ho un rapporto di stima e simpatia reciproca, a seguire un appuntamento politico: primo collega seduto alla mia sinistra, io in mezzo, secondo collega seduto alla mia destra. Improvvisamente squilla il telefono al collega seduto alla mia sinistra:
«Santo Cielo, è di nuovo Tizio [noto ufficio stampa unanimemente considerato pressante e molesto]: non gli rispondo». Poi continua, rivolgendosi al collega seduto alla mia destra: «Preparati, perché tra un attimo chiamerà anche te».
Manco a dirlo: un minuto più tardi squilla anche il telefono del collega alla mia destra, che a differenza del primo risponde alla chiamata. «Non posso parlare ora: mandami un WhatsApp», sussurra.
Il caratteristico trillo annuncia l’arrivo dell’sms. Il collega ce lo legge ad alta voce: «Vieni domani alla conferenza stampa?»
Il giornalista commenta ad alta voce, irritato: «Non lo sopporto, questo. Ma non ci arriva che a quest’ora non posso ancora saperlo, se ci sarò o no? Gli dico che non lo so ancora. Lo deve capire che non può seccarmi così».
Tattica sbagliatissima, stimato amico giornalista. Primo, perché stai sopravvalutando l’Ufficio Stampa Molesto (credi davvero che sappia esattamente a che ora la tua testata faccia la riunione? Non ti sto chiedendo se dovrebbe saperlo: ti sto chiedendo se secondo te lo sa davvero); secondo, perché gli stai attribuendo dei doveri che non ha, ignorando quelli che ha (lui non “deve” capire che tu sei seccato: lui “deve” trovare un numero sufficiente di partecipanti alla conferenza); terzo (e più importante di tutti), perché in questo modo ti sei appena guadagnato una seconda e ugualmente molesta chiamata, a un’ora verosimilmente altrettanto inopportuna della prima.
Ecco la risposta che io, Ufficio Stampa Spero non Troppo Molesto, avrei voluto sentirmi dare: «Non so ancora. Ti saprò dire alle ore XY, e ti farò sapere sia che sia un sì sia che sia un no». Una risposta molto più efficiente ed economica, cha avrebbe garantito una minore scocciatura per te e un minor imbarazzo per l’Ufficio Stampa Molesto (che, nel frattempo, avrà imparato quando fate la riunione e magari se ne ricorderà la prossima volta).
Situazione 2
Una nota collega freelance (blogger brillante, comunicatrice e social media manager di gran qualità), esasperata dai continui contatti via WhatsApp da parte di clienti e colleghi nelle fasce orarie per lei non lavorative, ha qualche tempo fa pubblicato un post su Facebook nel quale auspicava che un sempre maggior numero di utenti rinunciasse alla funzione “spunta blu” di WhatsApp. Riassumo il suo scritto:
Non rispondere nel weekend o di sera è un mio diritto. Non voglio che il mio cliente o il mio collega veda che ho visualizzato il suo messaggio al quale non ho poi risosto. Vorrei che tutti eliminassimo la funzione “spunta blu”, per essere finalmente liberi di non rispondere ai clienti nei weekend e vivere più sereni.
Ho replicato che non capivo il senso di un tale invito. Se non rispondere nel weekend o di sera è un nostro diritto (e lo è, diamine: accidenti se lo è!), perché dovremmo nasconderci quando questo diritto lo esercitiamo?
La piaga della reperibilità sempre e comunque si cura spiegando ai nostri interlocutori che ci sono giorni e ore nelle quali non garantiamo una risposta: e spiegandolo nella maniera più schietta, chiara e diretta possibile.
A quel punto, non avremo più bisogno di lasciare aperto l’angusto spiraglio dal quale far passare un
Carisssssimo, scusa, non avevo visto il tuo messaggio…
Saremo, invece, liberi davvero: cioè non soltanto titolari di diritti, ma in grado di esercitarli.
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