I 280 caratteri di Twitter, gli scacchi e l’eterogenesi dei fini

È chiaro che Twitter ha un problema. Anzi due. E no, non parlo della lunghezza massima dei tweet. E neanche del fatto che i tweet non si possono modificare una volta pubblicati (che pure è innegabilmente una seccatura).

Il problema di Twitter è da sempre, dal punto di vista della funzionalità, il fatto che gli utenti interagiscono poco tra loro: chi scrive (tweet) o condivide (retweet) prevale su chi esprime apprezzamento (un tempo con la stellina e ora con il cuore); tutte e tre queste categorie prevalgono su chi commenta (risponde): per distacco.

Dal punto di vista dell’advertising, il problema è la difficoltà di Twitter di costruire una profilazione accurata e precisa dei propri iscritti. Un problema che nasce al momento dell’iscrizione: al nuovo utente neanche si chiede nome e cognome. Su come si semplifichi il lavoro agli inserzionisti, chiedere, ancora una volta, alla concorrenza: Facebook.

Il raddoppio dei caratteri a disposizione è una misura volta a semplificare l’utilizzo di Twitter in fase di scrittura. E in questo senso è stata una scelta assolutamente logica ed economica. Sulla bilancia, infatti, pesa più, almeno secondo l’azienda di San Francisco, il vantaggio di una (leggermente) più agevole scrittura rispetto allo svantaggio di una (leggermente) meno immediata lettura. Raddoppiando la lunghezza dei tweet si abbatte, paradossalmente ma non troppo, il tempo necessario per comporli. E si rende facilita la strada ai nuovi utenti, abituati magari a sbrodolare su altre piattaforme.

Il raddoppio dello spazio disponibile varrà ad aumentare le interazioni tra utenti? Per una risposta scientifica, aspettiamo le prime statistiche sulla base di un campione sufficiente. Ma dubito che, purtroppo per l’azienda californiana, ci saranno grosse sorprese.

Tra il serio e il faceto, rispondo invece fin da subito che sì: la trovata dei 280 caratteri ha fatto letteralmente esplodere il tasso di interazione tra alcune categorie di utenti, gli appassionati di scacchi e i giocatori di dama.

Il primo utente sfrutta i 280 caratteri disponibili per disegnare una scacchiera. Il secondo risponde. E così via. Un piccolo passo per l’engagement di Twitter, un grande passo per gli amanti dei giochi da tavolo (che diventano da monitor).

Chissà se questo risultato era nelle mire dell’azienda al momento di implementare la modifica dell’anno. Immagino di no.

Ecco un meraviglioso esempio di eterogenesi dei fini applicata alla comunicazione social. Per i non appassionati di empirismo filosofico: stiamo parlando delle conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali.

Andrea Donna

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