Ci sono cascato pure io… ma forse potete perdonarmi

Ho fatto una cosa che odio quando a farla sono gli altri: ho risposto a un’email massiva dal tono fastidioso per il solo gusto di umiliare il mittente.

La mia replica è stata:

  1. di antipatia ancora maggiore rispetto al messaggio originale;
  2. assolutamente superflua.

I fatti: (non) ricevo, da un noto guru del marketing e della comunicazione, una delle sue tante newsletter. Il (non) è tra parentesi perché, in realtà, in un primo momento il messaggio finisce nello spam. Vado a controllare, verso la fine della giornata, anche quella cartella; e l’oggetto mi colpisce:

Andrea Che Succede? Sono Sorpreso

Apro il messaggio (vi ricordo il contesto: siamo nella cartella “spam”, so benissimo chi è il mittente e mi è ben chiaro che le sue notizie non incontrano il mio interesse da tempo. Ma apro ugualmente il messaggio: vuol dire che la scelta di quelle parole è stata vincente. Un lavoro ben fatto). Inizia così:

Ciao Andrea, sono sorpreso perché ti ho già inviato due email e non ho ancora ricevuto risposta

La mia reazione? Fastidio. Un fastidio che diventa fastidio al cubo proseguendo nella lettura:

Ed ecco la mia piccatissima risposta:

A mia parziale discolpa, va detto che ho agito d’impulso.

Non di impulso, invece, scrivo questo post: per usare una fraseologia cara alla Chiesa cattolica, scrivo “con piena avvertenza e deliberato consenso“.

A questo punto, una domanda, che faccio a me stesso e a voi, e che di fatto esaurisce il senso di questo scritto: è possibile una modalità di comunicazione (non “di informazione“: proprio “di comunicazione“, anche pubblicitaria) che sappia fare a meno di questo artificioso, insopportabile, prevedibile verticalismo di toni? Siamo ancora in grado di provare a essere convincenti senza sciorinare gli aggettivi d’ordinanza “imperdibile“, “rivoluzionario“, “strepitoso“, “mozzafiato“?

Io voglio sperare di sì. Anzi, credo fortemente di sì. E intendo agire affinché sia così. Almeno per quanto riguarda me e l’agenzia che ho fondato e per la quale lavoro con passione tutti i giorni.

Anche perché presto, se continua quest’inflazione delle parole, quando ci troveremo di fronte a qualcosa di veramente “imperdibile”, “rivoluzionario”, “strepitoso” o “mozzafiato” non avremo più aggettivi per qualificarlo.

Andrea Donna